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Executive Coaching

Executive Coaching: percorsi efficaci per crescere come leader di successo

Simona Amati, Partner Development Solutions di Keystone Executive Search

La leadership non è un traguardo, ma un percorso: richiede ascolto, capacità di adattamento e prontezza nell'affrontare sfide sempre nuove, in uno scenario dove la complessità è la regola e non l'eccezione.

Consapevoli di questo, le aziende più lungimiranti scelgono di investire in percorsi di Executive Coaching per rafforzare la leadership di chi, ogni giorno, è chiamato a gestire persone, prendere decisioni importanti e guidare il cambiamento.

Costruiti intorno alle esigenze specifiche della persona, questi percorsi di sviluppo non forniscono soluzioni preconfezionate, ma stimolano riflessioni profonde, propongono chiavi di lettura inedite e incoraggiano a mettersi in discussione e ad esplorare nuovi modi di pensare e agire.

«L'Executive Coaching non è formazione - spiega Simona Amati, Partner Development Solutions di Keystone Executive Search - ma un acceleratore del cambiamento, che aiuta ad avere una maggiore consapevolezza di sé e del proprio intrinseco potenziale».

Cos'è l'Executive Coaching, il percorso personalizzato per sbloccare il potenziale

Testo

L’Executive Coaching è un percorso di sviluppo professionale per figure manageriali che desiderano rafforzare la propria leadership e affrontare le sfide del proprio ruolo con maggiore consapevolezza.

È un percorso individualepersonalizzato, costruito intorno alle esigenze specifiche della persona, alle sfide che è chiamata ad affrontare ogni giorno e agli obiettivi che intende raggiungere.

«L’Executive Coaching non ti insegna cosa fare», spiega Simona Amati. «Ti aiuta a capire come attivare le tue risorse latenti e a metterle al servizio della tua crescita, come persona e come leader».

A differenza di un corso formativo, centrato sul trasferimento di competenze e conoscenze, il coaching agisce su un piano più profondo: stimola l’introspezione, affina la capacità di pensiero critico e favorisce l’allineamento tra valori, obiettivi e comportamenti. 

Un percorso di Executive Coaching non fornisce soluzioni pronte all’uso: guida il coachee nell’esplorazione di sé, attivando un dialogo trasformativo che lo aiuta a mettere a fuoco risorse, criticità e punti di forza.

Ogni percorso è unico, perché unico è il vissuto professionale di chi lo intraprende. C’è chi vuole imparare a delegare, chi sente il bisogno di rafforzare la propria autorevolezza e chi deve confrontarsi con le complessità di un nuovo ruolo e ha la necessità di ridefinire il proprio stile di leadership.

Molto spesso, la prima conquista è una maggiore consapevolezza di sé. «Un buon coaching ti fa vedere cose che non vedevi - osserva Amati - e ti permette di utilizzare questo apprendimento per trovare una nuova strada anche nelle situazioni più complesse».

Il valore di un percorso di Executive Coaching si misura anche nella sua capacità di generare un cambiamento tangibile nel modo in cui la persona agisce ogni giorno. L’obiettivo può dirsi centrato quando le intuizioni emerse durante le sessioni di coaching si traducono in azioni concrete.

Oltre la formazione: il ruolo unico dell'Executive Coach come facilitatore della leadership

Testo

L’Executive Coach non è un formatore, né un consulente, né tantomeno uno psicoterapeuta: è un facilitatore della leadership, che instaura con il coachee una relazione di fiducia e lo accompagna in un percorso di evoluzione personale.

«Il coach non fornisce risposte - sottolinea Amati - ma mette in discussione certezze consolidate, spinge alla riflessione e incoraggia a guardare se stessi e il proprio modo di agire con uno sguardo nuovo».

Non indica soluzioni né assegna obiettivi, ma esplora insieme al coachee le alternative possibili, aiutandolo a chiarire cosa conta davvero per lui, in quel preciso momento,

Quello dell'Executive Coach è un ruolo complesso, che richiede una solida comprensione del contesto in cui il coachee opera e, al tempo stesso, attenzione alla persona.

Non serve conoscere nel dettaglio il business di riferimento, ma è indispensabile sapere quali dinamiche organizzative incidono sui processi, quali sono i margini di autonomia effettivi e quali vincoli, formali o informali, definiscono lo spazio d’azione.

Il coach accompagna la persona nella comprensione del contesto in cui si muove, aiutandola a decifrare le dinamiche organizzative, a cogliere nuove opportunità, a riconoscere eventuali vincoli e a calibrare di conseguenza strategie, comportamenti e modalità di azione.

«Ci sono situazioni in cui è possibile spingersi oltre e altre in cui, invece, è più saggio procedere con cautela», osserva Amati. «Il compito del coach è aiutare il coachee a riconoscere queste sfumature e a scegliere, di volta in volta, la strategia più adatta al contesto».

A tutto questo si aggiunge un elemento senza il quale il coaching non può funzionare: la relazione di fiducia. «Il coachee - spiega ancora Amati - deve percepire di trovarsi in uno spazio sicuro, dove può esprimersi liberamente, nella certezza di non essere giudicato ma ascoltato con rispetto, attenzione e competenza».

I benefici tangibili dell'Executive Coaching: crescita personale e impatto aziendale

Testo

Quando un leader cresce, cresce anche l’azienda: questo aggiunge un vantaggio sistemico al percorso individuale.

Il cambiamento che nasce nel singolo si irradia progressivamente all’intero ecosistema organizzativo, generando miglioramenti nei processi, nelle relazioni e nella cultura aziendale.

I benefici si manifestano su due livelli. Da un lato, il coachee acquisisce strumenti utili per interpretare meglio se stesso e il proprio ruolo; dall’altro, l’organizzazione può contare su leader più consapevoli e capaci di guidare le persone in modo efficace.

Per i manager, i benefici principali riguardano:

  • maggiore consapevolezza di sé. Il coaching aiuta a sviluppare una profonda autoconsapevolezza. Il manager impara a osservare se stesso “in azione”, a riconoscere le proprie risorse, i propri obiettivi e i propri valori. Questo processo consente di prendere decisioni più coerenti con la propria identità professionale. Come sottolinea Simona Amati, «La vera conquista è spesso proprio quella di imparare a guardarsi da fuori e a capire cosa ti muove davvero»;

  • comunicazione più efficace. Imparare a comunicare in modo più chiaro, diretto e assertivo è uno degli effetti più immediati del coaching. Il coachee sviluppa la capacità di esprimere meglio i propri bisogni e le proprie aspettative, migliorando la qualità degli scambi con colleghi, collaboratori e superiori. Una comunicazione più consapevole porta a relazioni professionali più fluide, riduce le ambiguità e favorisce un clima di lavoro più collaborativo;

  • gestione più efficace del team. Il coaching affina la capacità di ascolto, aiuta a interpretare in modo più accurato i bisogni del team e a gestire le dinamiche interne con maggiore equilibrio;

  • maggiore capacità di affrontare le sfide. Il percorso di Executive Coaching fornisce al coachee strumenti per affrontare situazioni complesse, gestire il cambiamento e navigare l’incertezza con maggiore stabilità. Non si tratta di “avere la risposta giusta”, ma di imparare a porsi le domande corrette e a scegliere la strategia più adatta, anche in presenza di ostacoli o ambiguità.

Tra i principali vantaggi per le aziende, invece:

  • manager più efficaci. Un manager che ha lavorato su se stesso è più focalizzato, più motivato e maggiormente allineato agli obiettivi dell’organizzazione. Questo si traduce in una migliore capacità decisionale e in una leadership più incisiva;

  • maggiore engagement e senso di appartenenza. Offrire a un manager un percorso di Executive Coaching è un segnale forte. Significa riconoscerne il valore e investire sul suo potenziale. Questo gesto genera riconoscenza e rafforza il legame tra la persona e l’azienda. «Le persone sono grate di essere messe nelle condizioni di crescere - osserva Amati - ed è proprio questa attenzione che aumenta l’engagement». Un dipendente che si sente ascoltato e sostenuto è più motivato e più incline a dare il meglio di sé;

  • sviluppo della cultura manageriale. Quando più manager intraprendono percorsi di coaching, si innesca un effetto domino virtuoso. Cresce la qualità della leadership, migliorano le interazioni tra i livelli organizzativi, si rafforza la responsabilizzazione e si diffonde un approccio più consapevole alla gestione delle persone;

L’Executive Coaching, come è chiaro, è un investimento strategico che migliora il modo in cui le persone lavorano, si relazionano le une con le altre, prendono decisioni e fanno crescere il business.

Investire nel proprio futuro da leader con percorsi Executive Coaching personalizzati

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Capire quando è il momento giusto per intraprendere un percorso di Executive Coaching è una delle domande più frequenti tra chi si trova ad affrontare nuove sfide professionali. La risposta non è univoca, ma esistono momenti particolarmente fertili per iniziare: quelli in cui aumenta la complessità.

La complessità può manifestarsi in diverse forme. Può essere legata a un passaggio di ruolo, all’ingresso in una nuova azienda o all’assunzione di maggiori responsabilità. Può dipendere dalla necessità di coordinare persone a distanza, dal confronto con culture organizzative differenti o, ancora, dalla richiesta di presidiare nuovi processi decisionali. 

In tutti questi casi, il manager si trova a doversi “riassestare”: servono nuove chiavi di lettura, un diverso modo di osservare ciò che accade e una maggiore lucidità nel comprendere se stessi e gli altri.

Sono queste, in genere, le condizioni in cui il coaching si rivela uno strumento prezioso.

Un esempio è il passaggio a un nuovo ruolo che comporta maggiori responsabilità. In queste situazioni, non cambia solo il job title. Si trasformano le dinamiche relazionali, si alza il livello delle decisioni da prendere, aumentano le pressioni da gestire e le aspettative da soddisfare. Il contesto diventa più complesso, e ciò che prima funzionava adesso non funziona più.

Un altro momento particolarmente favorevole è l’ingresso in una nuova organizzazione. Le prime settimane in azienda sono determinanti: si cerca di decifrare le dinamiche interne, di capire come si prendono le decisioni, quali sono le regole scritte e non scritte, quali comportamenti sono premiati e quali invece rischiano di generare resistenze.

L’Executive Coaching in fase di onboarding è un luogo protetto in cui il manager può ragionare a mente lucida, chiarire i propri obiettivi, riorganizzare le priorità e - soprattutto - trovare la sua personale via per armonizzare le proprie esigenze con le aspettative dell’azienda.

Il coaching si dimostra utile anche a valle di un assessment, in cui, dopo il momento valutativo dello stile di leadership e delle aree di forza e di miglioramento, è necessario  lavorare in profondità su ciò che conta davvero, trasformando  le informazioni raccolte in un piano di azione e di sviluppo.

Detto questo, è importante essere chiari: il coaching non dà risultati in maniera automatica.

Non si tratta di uno strumento da “somministrare” passivamente, come se bastasse partecipare a un numero prestabilito di sessioni per ottenere risultati . Come spiega Amati, «Il coaching è efficace solo se c’è una reale disponibilità da parte della persona ad assumersi la responsabilità del suo cambiamento». 

È pensato per chi è pronto ad accogliere il dubbio, a rivedere convinzioni consolidate, ad aprirsi a un confronto autentico. A chi ha il desiderio, e non solo il bisogno, di crescere. A chi è disposto a fare spazio a consapevolezza nuove.

Non è l’Executive Coach ad essere responsabile del cambiamento della persona, ma è la persona ad essere responsabile del suo cambiamento. Il coach la aiuta ad attivarsi, a chiarirsi. «Questo è il motivo per cui il coaching è utile solo se le persone scelgono liberamente di mettersi in discussione», conclude Amati.